Le Recensioni di Edo: Queen II dei Queen (1974)
Il loro esordio è stato duro, come innumerevoli esordi nel mondo della musica, ma i Queen non si lasciarono di certo abbattere e continuarono il loro percorso con questo secondo album.
“Procession” è l’intro che apre l’album in modo lento e solenne, quasi come l’inizio di un vero e proprio spettacolo che sta per cominciare, “Father to son” è un brano introspettivo e nostalgico dove Freddy Mercury ha toni rilassati e profondi ma dove poi la chitarra di Brian May e gli altri componenti si scatenano in una complicità perfetta, “White Queen (As it began)” è un brano da “pelle d’oca” e pieno di malinconia con un bellissimo arpeggio di May, (l’album in fondo è un concept sullo scontro fra il bene e il male diviso da una prima parte “bianca” che rappresenta Brian May ovvero il bene e i suoi brani “fantasy” e da una seconda parte “nera” che rappresenta il male che è rappresentato da Mercury con i suoi brani “enigmatici”), “Some day one day” è cantata da Brian May con la sua voce più soffice e di classe ed è un vero e proprio sogno ad occhi aperti, “The loser in the end” è cantata dal batterista Roger Taylor che con la sua voce roca e più rock’n’roll fa diventare il brano più “rock”, per non parlare dell’assolo finale di May che è lungo e graffiante, “Ogre battle” è un brano tipico dei Queen, caratterizzato dai cori in falsetto, da un inizio di “nastro al contrario” e velocizzato e dalla grande voce in piena esaltazione di Mercury, “The fairy Feller’s master stroke” è un brano dove Mercury da il meglio delle sue prestazioni vocali e questo brano verso la fine si collega al brano successivo che è “Nevermore” dove sono presenti vari cambi di sonorità e di ritmi quasi come il genere progressive, “The march of the black Queen” è ricca di falsetti, cori e qui Brian May “irrobustisce” il brano con una parte centrale che prima è celestiale e che poi diventa suntuosa e travolgente rendendolo anche il brano più lungo del disco (oltre 6 minuti) e riesce ad essere anche un brano in perfetto stile “opera”, “Funny how love is” è un brano più calmo che fa scendere la tensione in direzione della fine del disco che arriva con “Seven seas of rhye” (che era già contenuta nel loro disco d’esordio ma solo in versione strumentale) è un brano rock classico e eseguito alla perfezione dalla band.
L’album venne anticipato dal singolo su 45 giri: “Seven seas of rhye”, l’album venne pubblicato su vinile e su musicasetta e, ovviamente, in seguito venne stampato anche in cd e diffuso in digitale. La copertina ha l’elemento del bianco e del nero che rispecchia il significato dell’album e immortala tutta la band che si ispira ad una fotografia di Marlene Dietrich nel film Shangai Express.
In questo secondo album i Queen riescono ad essere ancora più sperimentali e trasversali, fondendo diversi generi come il rock, l’hard rock e persino il prog a tratti, e da questo secondo lavoro emergono anche alcuni dei tratti stilistici che diventeranno frequenti e fissi nel loro percorso musicale.
Entrate e immergetevi in questo album stupendo e emozionante!
Parola mia!
Alla prossima recensione
Edoardo Mastrocola