Le Recensioni di Edo: The Age of Plastic dei Buggles (1980)
Il 10 gennaio del 2020 questo album d’esordio dei Buggles ha compiuto 40 anni ed io oggi ne parlo e lo recensisco.
È un concept album di genere pop basato sul tema fantascientifico della vita nel futuro in un mondo di tecnologie sorprendenti ma anche inquietanti, ha un atmosfera futuristica grazie all’uso di strumenti che negli anni ’70 erano all’avanguardia come per esempio i sintetizzatori e la drum machine e anche il fatto di modificare la voce rendendola robotica e metallica, il titolo dell’album e il concetto in sé si presume che sia stato ispirato a: I Robot degli Alan Parsons Project del 1977.
L’album si apre con “The plastic age (The living in the plastic age)” dove si parla della vita che sfugge all’individuo e della scienza che cambia il mondo (che è anche il tema centrale dell’album), “Video killed the radio star” è uno sguardo, forse dispiaciuto, per le cose che perdiamo mentre la tecnologia ci spinge avanti senza sosta, “Kid dynamo” (che ricorda quasi una sigla da supereroe) parla di un ragazzo dinamo, “I love you (Miss robot)” parla del sesso impersonale come ha dichiarato Geoffrey Downes collega del frontman Trevor Horn, ma è in fondo un dialogo d’amore fra due robot (come le voci modificate nel brano), “Clean, Clean” parla di alcune imprese di un certo Johnny, “Elstree” parla di un sogno raccontato a questa Elstree, “Astroboy (And the proles on parade)” è un brano più lento che ci fa ricordare un cartone animato di un po’ di anni fa chiamato proprio Astroboy che era un ragazzo metà uomo e metà macchina, ascoltando il brano sembra che appaia questa scena: il protagonista del brano si siede e osserva la “sfilata” di turisti che marciano attraverso la città di fronte a lui, e infine “Johnny on the monorail” racconta la metafora della vita come se fosse una rotaia che ci porta in un viaggio passivo e lungo con partenze e fermate fuori dal nostro controllo.
L’album venne anticipato nel 1979 dal primo e unico singolo estratto che fu “Video killed the radio star” che divenne, anche negli anni, un brano celebre e conosciuto da tutti e che all’epoca dell’uscita scalò le classifiche. Nella mezzanotte del 1° agosto del 1981 nacque la allora piccola emittente televisiva MTV che inaugurò la sua apertura e trasmesse per la prima volta il videoclip di “Video killed the radio star” (purtroppo l’album non ebbe il successo del singolo). L’album uscì in vinile e musicassetta, per poi essere stampato successivamente in cd con l’aggiunta di tre brani: “Island” (lato B di Plastic Age), “Technopop” (lato B di Clean, Clean) e una differente versione di “Johnny on the monorail” (a very different version), (successivamente uscita anche come: special person John Sinclair remix) e naturalmente venne pubblicato in digitale. La copertina vede Trevor Horn con lo sguardo verso l’obbiettivo con un microfono, lo sfondo, come tutta la fotografia è ispirato ai monitor dell’epoca come anche i colori un po’ sbiaditi e i caratteri delle scritte.
È un album ad oggi ingiustamente dimenticato che va assolutamente riscoperto, è un vero e proprio viaggio futuristico diretto da Trevor Horn, da Geoffrey Downes e da tutta la loro band.
Alla prossima recensione
Edoardo Mastrocola