Tragedia dell’Immacolata in via Gramsci: disabile uccisa a martellate dall’anziana madre
ORBASSANO – In quell’alloggio al sesto piano ora sotto sequestro di un palazzo in paramano alla periferia della città, ora non c’è più nessuno. Clemente Ronco, 87 anni, da un paio di giorni dorme dalla nipote, che si sta prendendo cura di lui dopo la tragedia dell’Immacolata. La moglie Maria Capello, 85 anni, che domenica mattina ha ucciso la loro unica figlia a martellate, è ancora ricoverata al san Luigi di Orbassano. Non è in pericolo di vita. Si è ripresa dopo la massiccia dose di farmaci che aveva ingurgitato con la speranza di farla finita. È sorvegliata dagli occhi attenti dei medici dell’ospedale. Silvia, 42 anni, disabile fisica e psichica dalla nascita, è in una stanza delle camere mortuarie dell’ospedale di Rivoli. Attende l’autopsia, prima del via libera dei funerali in una comunità commossa che parteciperà al dolore di una famiglia annientata da un dramma troppo grande. Clemente, ex dipendente Fiat ora in pensione, ha finito le lacrime per piangere. Tanto che lunedì non sono mancati momenti di apprensione da parte dei parenti che, per alcune ore, non avevano avuto più notizie di lui. Il timore è che avesse deciso di togliersi la vita. L’hanno rintracciato qualche ora dopo. Era andato in chiesa. Da solo. A pregare per la sua Silvia e chiedere perdono per quel gesto disperato della moglie Maria. Un omicidio consumato tra le mura domestiche, nella notte tra sabato e domenica, in via Gramsci 36/3 all’interno del condominio Monviso. È qui che vivevano i due anziani genitori insieme a Silvia, disabile dalla nascita. A prendersi cura di lei era Maria. Originaria di Cavallerleone, nel cuneese, la mamma la seguiva ormai da una vita, insieme al marito. «Lui era puntuale come un orologio», ricorda Savino Rosati, uno dei vicini, nel raccontare le passeggiate che papà Clemente faceva, aiutandola nei suoi passi incerti a camminare tra via Gramsci e via Frejus.
Anni fa Silvia frequentava il centro diurno di via Gandhi. Poi la situazione si è aggravata. E per i genitori seguirla quotidianamente diventava un peso sempre maggiore. «Erano comunque indipendenti – dice Chiara Lovisolo, una giovane vicina – nonostante la situazione difficile non si sono mai lamentati. A volte capitava che chiedessero una mano per aiutare Silvia nei suoi spostamenti. E inevitabilmente, visto il passare degli anni, si preoccupavano del futuro della ragazza». Maria Capello voleva trovare un alloggio in una comunità dove poter vivere tutti insieme, sotto lo stesso tetto. A complicare le cose, anche una caduta della mamma, che si era rotta un femore e aumentato le difficoltà nell’accudire la figlia in ogni situazione. Da settembre invece per Silvia, che soffriva di attacchi epilettici, si erano aperte le porte della struttura “Le Nuvole” di Collegno, una residenza per persone con disabilità. Ma dopo quarant’anni trascorsi sotto lo stesso tetto, la separazione non era facile. Di qui la decisione di riportarla a casa ogni fine settimana, per trascorrere insieme le giornate di festa. Così è stato anche lo scorso weekend. Silvia era rientrata nell’alloggio di via Gramsci anche per festeggiare in famiglia il compleanno di papà Clemente. Dopo la cena di sabato, mamma e figlia sono andate a dormire insieme, nel loro letto matrimoniale mentre papà Clemente è rimasto ancora un po’ sveglio per poi addormentarsi nella sua camera. Nulla che lasciasse presagire alla tragedia. O che facesse trasparire quel pensiero oscuro che forse covava da tempo nell’animo della mamma. Il dramma della disperazione si è consumato forse alle prime luci del mattino, dopo una notte insonne. La donna ha preso un martello e colpito ripetutamente Silvia al capo, uccidendola. Poi ha ingoiato una dose massiccia di farmaci antiepilettici che prendeva la disabile e si è coricata a fianco del corpo ormai senza vita della figlia. A dare l’allarme è stata papà Clemente poco prima delle otto di mattina. Si è svegliato sorpreso del fatto che la moglie fosse ancora a letto. Quando è entrato nella camera, ha scoperto la mattanza. E trovato la figlia senza vita. Le tracce di sangue sul cuscino e sul materasso. E la moglie immobile, coricata poco più in là. «Non così, non così: la mia bambina», continuava a ripetere con le mani davanti al viso, quasi a voler provare a nascondere tanto dolore. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della stazione locale, insieme ai colleghi della Compagnia di Moncalieri e della sezione Investigazioni scientifiche. L’anziana donna, denunciata per omicidio, è stata trasportata in ospedale. Sul comò c’era ancora il martello usato per uccidere la figlia. Sul comodino invece, soltanto un biglietto, scritto in corsivo dalla mamma: «Abbiamo finito di tribolare».
Paolo Polastri
L’Eco del Chisone